Jacopo Cellai: “Il Msi era prima di tutto una comunità umana. Da quando sono coordinatore il partito è tornato al centro. Essere imprenditore mi ha reso più concreto. La Regione? Sono pronto”.

La comunità del Msi, l’importanza del merito, i 16 anni nei banchi dell’opposizione, l’esperienza da imprenditore, le prossime sfide. Valori che perdurano e programmi per il domani. Jacopo Cellai, Capogruppo a Palazzo Vecchio e Coordinatore a Firenze, si è raccontato a 360° in un’intervista.

Si può dire che sei nato con la Politica visto che tuo babbo, Marco, è stato a lungo segretario del Msi. Quali ricordi hai di allora e quali valori senti di portare con te? “Ho avuto un’infanzia felice e molti ricordi si legano al Msi. Nella sede di Santa Maria Novella incontravi persone schiette, coraggiose, alcune anche molto severe. Gente che non te le mandava a dire. Persone che avevano difeso con le unghie e con i denti le proprie idee in tutti quegli anni affrontando tanti problemi e molta ostilità. La Befana Tricolore è il momento più bello che ricordo. Tutti i figli degli iscritti in base all’età ricevevano dalla Befana (un’iscritta del partito) una busta con qualche gioco e una calza ripiena di dolci e poi guardavano insieme i cartoni animati. Il Msi non aveva soldi ma aveva uno straordinario senso di Comunità umana. E il mio babbo, a capo del partito per moltissimi anni è stato il regista di questo grande film”.

Il ruolo di Forza Italia oggi. Quali sono le prospettive del partito? Quali temi vorresti che portasse avanti? È stato giusto comportarsi come forza responsabile durante l’emergenza? “Forza Italia ha avuto un merito straordinario. Silvio Berlusconi ha creato il centrodestra mettendo insieme nel 1994 la Lega Nord di Bossi e l’appena nata Alleanza Nazionale vincendo le elezioni politiche. Un’operazione tanto ardita quanto azzeccata, se è vero che, seppur con tutti i problemi che ci sono stati, 26 anni dopo il centrodestra esiste ancora e ha vinto recentemente in molte regioni. Il centrodestra unito nei suoi anni di Governo ha fatto cose importanti anche se non è riuscito a realizzare la rivoluzione liberale auspicata da Berlusconi ma è ancora oggi l’unica strada per tornare a governare la Nazione, ammodernare l’Italia e ricostituire uno Stato giusto, forte e liberale in grado di farsi sentire in Europa. Forza Italia è garanzia di libertà, di merito, di impresa. Questo è il suo ruolo. Forza Italia durante l’emergenza Coronavirus? La responsabilità è stata una nostra caratteristica anche senza l’emergenza”.

Sei stato eletto coordinatore a Firenze e un cambio di impostazione si è subito visto nella conduzione del partito. Come valuti questi primi mesi? Come hai impostato l’azione politica del coordinamento durante l’emergenza? “Il Congresso è stato importante per consentire agli iscritti di scegliere direttamente il coordinatore e i membri del coordinamento che hanno una legittimità diretta. Ho vinto chiedendo a tutti l’impegno di rimettere al centro della nostra azione il simbolo di Forza Italia in netta discontinuità col personalismo di chi era stato al mio posto. Siamo tornati subito in strada e tra la gente con i volantinaggi di informazione ai turisti contro l’abusivismo commerciale, la raccolta firme per dire sì al centro per il rimpatrio degli immigrati irregolari in Toscana, i volantinaggi, anche davanti al Tribunale di Giustizia, per dire no all’abolizione della prescrizione, la manifestazione in via dei Serragli, cantiere infinito, per chiedere agevolazioni fiscali per i commercianti danneggiati dai lavori. Attraverso Forza Italia Giovani abbiamo promosso una mostra sul 10 febbraio all’Università con le vignette di Alfio Krancic. Forza Italia ha ripreso vitalità a Firenze e infatti abbiamo visto tornare alla sede di viale Corsica tante persone che negli ultimi anni si erano allontanate. Nella fase dell’emergenza ci siamo organizzati soprattutto tramite i gruppi WhatsApp che abbiamo costituito su idea di Tommaso Villa, per dare informazioni utili, raccogliere segnalazioni o domande e aggiornare sull’attività del partito. Un esperimento che sta funzionando”.

Jacopo Cellai, Coordinatore fiorentino, con Alfio Krancic all'Università di Firenze.
La mostra per il Giorno del Ricordo all’Università di Firenze

Alcuni vivono solo di politica: non si può dire lo stesso per te. Raccontaci della tua impresa. Sei preoccupato per i tuoi dipendenti in questa fase? “La mia avventura nella trattoria che gestisco è iniziata semplicemente perché sono sempre stato attratto dalla buona tavola e dal mondo della ristorazione. Da ragazzo, prima di iniziare l’università, avevo fatto un’esperienza in Germania come cameriere che mi era piaciuta moltissimo. Un grande amico prematuramente scomparso mi ha dato l’opportunità di entrare in questo campo e non ci ho pensato due volte. Mi sono buttato a testa bassa e sono cresciuto tanto, lavorando tanto, sbagliando e riprovando, di giorno in giorno e oggi la trattoria si è guadagnata un certo apprezzamento. Gestire il tempo tra lavoro e politica è stato difficile, ma sono convintissimo che questo lavoro mi abbia dato una marcia in più nel mio modo di fare politica, alla ricerca di concretezza e di risposte puntuali, come si fa nell’impresa. Oggi sono preoccupato per la nostra situazione, come tutti i ristoratori, ma daremo tutto per riaprire il bandone e tornare a crescere”.

Jacopo, durante la conferenza stampa di Maurizio Gasparri hai annunciato la tua candidatura al Consiglio Regionale. Ti senti pronto per questa sfida? Come ti stai organizzando? “Ho alle spalle 16 anni di Consiglio Comunale. Ho portato avanti varie battaglie ma ho fatto anche molte proposte e alcune sono diventate realtà. Dai semaforini della ZTL (oggi purtroppo eliminati) che hanno evitato tante multe agli automobilisti al recupero dei locali della Polizia Municipale e alla realizzazione dei bagni pubblici in piazza Santa Maria Novella. Dall’abolizione della quota comunale dell’Imu sugli immobili occupati allo stanziamento di 30.000 € per l’area verde e di gioco per bambini alle case popolari di via Rocca Tedalda fino all’intitolazione di una strada alla Rivoluzione Ungherese del 1956. Ho fatto anche alcune proposte che si rivolgevano alla Regione, fui il primo a chiedere quattro anni di residenza per potere fare domanda di un alloggio popolare quando la legge regionale in vigore non prevedeva il requisito della residenza. Credo insomma di aver maturato l’esperienza per poter dire la mia anche in un consesso come quello del Consiglio Regionale e chiederò fiducia proprio sulla base dei risultati ottenuti fino ad oggi”.